venerdì 1 settembre 2017

MAGARI DOMANI RESTO



Ho divorato questo libro presa da una smania di entrare nella vita e nei pensieri della protagonista: Luce.

Luce Di Notte, nome che ha scelto il padre per imprimere fin dalla nascita la particolarità della “creatura”, è una donna di trentasette anni con un caratteraccio, una abbastanza “frevaiola”( freva sentimento tipicamente napoletano di chi si lascia facilmente infiammare l’umore). La vita con lei è stata” fetente, cazzuta e ribelle”. Vive a Napoli una città che riecheggia in tutto il romanzo. La senti attraverso le parole delle canzoni di Pino Daniele, la vivi percorrendo i passi dei personaggi che con questa città hanno un rapporto d’amore.

I vicoli stretti, la musica neomelodica sempre troppo alta, il suono delle televisioni che trasmettono le partite di calcio, i panni stesi da un balcone all’altro che gocciolano come pioggia sul viso dei passanti, e poi gli odori, i crocchè fritti, la parmigiana che i vicini preparano e il cui odore penetra dalle pareti sottili sottili, il ragù che bolle nella pentola enorme e che scandisce i tempi pigri della domenica mattina. E poi il mare, il profumo del mare. Napoli, la città sfrontata e ribelle, nobile anche vista dai Quartieri. Napoli che prima di essere raccontata racconta, che è cornice barocca, ampollosa ma anche quadro di ombre e luci.

Ci sono poi loro, i personaggi che ruotano attorno a Luce, tratteggiati da Marone con poche ma nette pennellate, vivaci, veri, realistici. Don Vittorio, musicista-filosofo-sognatore costretto per un incidente a vivere su una carrozzina. Uomo saggio ma mai invadente. Kevin scugnizzo galante, bambino con il cuore di un piccolo principe, coraggioso, disarmante nella sua ingenuità, poetico. Carmen, la mamma di Kevin, uaiuncella di strada, bellissima ma poco colta, eppure capace di spiazzare l’interlocutore anche più abile con la sua irriverenza, quella schiettezza e spontaneità che la vita dona a quelle persone con le quali non è stata prodiga, lei che ha “avuto nu muorzo e cu chill add campà”. E poi Antonio il fratello di Luce un poco Peter Pan, Thomas l’artista di strada francese fuggito dalle responsabilità, la madre di Luce consumata dal dispiacere e dalla fatica, la nonna, madre” scelta”dalla protagonista perché l’unica capace di ascoltarla da bambina, il padre immaturo e irresponsabile, l’avvocato Geronimo, moderno Azzeccagarbugli conoscitore della galleria dei tipi umani più di uno psicologo, capace di scovare debolezze e guizzi improvvisi di felicità solo osservando lo sguardo delle persone.

L’autore di questo romanzo mi ha condotto attraverso la vicenda intima e umana di Luce a “illuminare”, far emergere il linguaggio delle emozioni, che è dentro ognuno di noi, attraverso una grande verità: non “occorre cambiar cielo ma mutare d’animo”. Il primo viaggio che bisogna intraprendere infatti, per vivere in pienezza, è dentro noi stessi, ed è un percorso che non avviene di certo per strade principali, asfaltate, trafficate e sicure, ma inerpicandosi come “briganti” tra montagne, campi, sottoboschi, fra sterpaglie e a volte fango. Questa è la vita vera, viscerale, fatta di delusioni e di grandezze, d’incubi ma anche sogni. Senza dimenticare che le meraviglie arrivano all’improvviso e quindi, come si dice a Napoli, conviene sempre essere “apparecchiati”, pronti ad aprire la porta alla Bellezza che bussa e dire “ti stava aspettando”!

Luisa Ciccone


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